La quarta domenica di avvento orienta lo sguardo nella nostra coscienza al mistero dell’incarnazione e ne proclama il suo annuncio: “Ecco, viene il Signore, Re della Gloria”, parole che tutti noi pronunceremo come annuncio liturgico nel salmo responsoriale.
In risposta al pericolo degli uomini di non accorgersi del mistero che si compie, in realtà, che si è già compiuto e nel quale viviamo, viene ribadito l’importanza di “vedere” il segno. Anche nell’ultima domenica di avvento ritorna una figura degli uomini che non si accorge, anzi che non vuole capire. La prima lettura ci presenta le parole del profeta Isaia che invita il Re Acaz a chiedere un segno, che gli indica il confronto con Dio che parla. Acaz non lo farà, ma questa Parola che Dio pronuncerà è annunziata comunque “Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”. È l’annuncio che il segno sarà il Verbo di Dio che vive-con-noi.
C’è un continuo ripetersi nella liturgia di oggi della particella “Ecco” che rende un modo semitico di esprimersi. Essa è un invito al prestare attenzione, al vedere; sottolinea che ciò che avviene è importante. Anche a noi in questo avvento, in questo natale viene chiesto di vedere, di ri-vedere, di accorgerci, di chiedere un segno che è il Dio nel suo Verbo, Gesù il “Regem venturum Domunim” verso cui siamo invitati a volgere la nostra vita.
Per sostanziare l’invito ad accorgerci del Dio-con-noi, in questa domenica ci viene riproposto l’annuncio della nascita del Salvatore nella versione dell’evangelista Matteo. Egli non racconta l’episodio con Maria come protagonista (come fa il Vangelo di Luca) – dandone solo notizia nei primi versetti – ma ci parla dell’uomo Giuseppe offerto a modello di attenzione e, soprattutto, di razionale assenso al Dio che parla.
Giuseppe è un uomo intelligente e giusto. Sa che nel rapporto con Maria, la sua promessa sposa, c’è qualcosa che non va: è in attesa prima del matrimonio. Giuseppe è un uomo che ama e, sapendo che un ripudio pubblico avrebbe comportato l’uccisione di Maria, ha già deciso di licenziarla segretamente. Per amore sa fare spazio alla storia dell’altra. Umanamente Giuseppe sa dare spazio all’altro.
Ma anche a lui, Dio chiede di accogliere la Parola, il Verbo, il Progetto. Questo progetto non è più il suo, quello di Maria o della coppia: è quello di Dio. Sin qui possiamo riscontrare le analogie con l’annuncio dato da Dio a Maria nella tradizione lucana. Ma Matteo inserisce un elemento di distinzione che non possiamo non comprendere: il sogno di Giuseppe. Mentre Maria è sveglia, Giuseppe sta dormento e tutto si svolge nel sogno. Ci siamo mai chiesti il Perché? Durante il sonno, in noi vengono meno tutte le modalità coscienti con cui indirizziamo la nostra intelligenza. Mentre siamo svegli noi selezioniamo, preferiamo, abbiamo precomprensioni, gestiamo anche i nostri sentimenti e istinti. Tutto questo scompare durante il sonno. Giuseppe che stava già riflettendo su quello che accadeva, ha bisogno abbandonare quella razionalità solamente umana con cui ci avviciniamo alle cose che accadono. Ha bisogno di attivare un modo diverso di comprendere e di ragionare per capire Dio. È la novità che il vangelo di questa domenica ci affida: se noi guardiamo con gli occhi degli uomini, con il ragionamento degli uomini, con le precomprensioni che abbiamo il progetto di Dio, non saremo in grado di riconoscerlo e, men che meno, di capirlo e di aderirvi.
Per questo l’avvento continua a dirci “svegliatevi”, maturate attenzione, “preparate la strada”. Il sonno di Giuseppe rappresenta il momento in cui lui comincia a ragionare diversamente, assume la prospettiva di Dio e, così facendo, ne sente la voce. E la voce di Dio dice “non temere!”. Solo dopo aver deposto le armi di difesa della razionalità umana, Giuseppe comprende e accoglie il Verbo di Dio: il progetto non sarà più per la sua vita, o per quello di Maria, ma la capacità di giustizia e di bontà di Giuseppe saranno dilatati all’umanità.
Il Natale imminente è un processo di cammino verso questo Dio che Parla il suo progetto con gli uomini, il loro ingresso nel mondo del Divino come meraviglioso scambio nell’Emmanuele. Solo una razionalità umani/divina coglie questo dono e questo mistero perché diventino il progetto di Dio in noi. In fondo anche la meraviglia tipica del mistero dell’incarnazione è espressione che solo nella prospettiva di Dio possiamo comprendere e accogliere il suo dono.
Don Pietro Macaluso